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imp. adottivi14Traiano

.Traiano,(98-117). Marco Ulpio (lat. Marcus Ulpius Traianus). - Imperatore romano (Italica, Betica, 53 d. C. - SelinunteCilicia, 117). Di famiglia senatoria (il padre fu console, governatore della Betica, prese parte alla guerra giudaica, fu console in Siria e Asia), T. fu per dieci anni nell'esercito, facendovi una reale esperienza delle armi e del comando. Percorse poi i gradi della carriera civile senatoria: fu pretore in Spagna, comandò una legione in Germania, dove partecipò alla repressione della ribellione di Antonio Saturnino, fu console ordinario (91) e, quando Domiziano fu ucciso (96), era governatore della Germania superiore. Nerva, che aveva bisogno del sostegno d'un uomo forte e onesto non coinvolto nelle rivalità romane, e che godesse prestigio presso l'elemento militare, lo adottò come figlio, con cognome e dignità di Cesare, facendogli attribuire la potestà tribunicia (ottobre del 97). Morto Nerva (98), T. senza alcuna difficoltà gli succedette, assumendo l'impero. Attivissimo e intelligente nell'amministrazione come nelle armi, amato dal popolo e dalla classe militare, T. riuscì durante il suo regno a mobilitare intorno a sé anche i migliori elementi senatorî ed equestri, cui infuse l'entusiasmo necessario per fondare e sostenere una buona tradizione amministrativa (fonte importante per i primi anni del regno di T. è il Panegirico di T., opera di Plinio il Giovanetipico/">tipico rappresentante dell'aristocrazia traianea). L'imperatore si preoccupò di alleviare alcune imposte e di arricchire il fisco vendendo largamente beni che i precedenti imperatori avevano accumulato e immobilizzato nel proprio patrimonio mediante acquisti, confische, doni, legati testamentarî. . Provvedimento notevole di T. fu l'istituzione degli alimenta, ossia la costituzione di una rendita destinata a fornire in Italia i mezzi di sussistenza a fanciulli e fanciulle povere, organizzata in modo tale da rappresentare al tempo stesso una forma di prestito agrario a basso interesse, onde agevolare il rifiorimento dell'agricoltura italica. Il principio del sistema (sul quale siamo informati da una delle più importanti epigrafi romane, la Tavola alimentare di Velleia, e da una iscrizione dei Ligures Baebiani, presso Benevento) consisteva nella destinazione di somme della cassa imperiale perché fossero date a prestito a proprietarî terrieri delle città italiane; i mutuatarî dovevano far iscrivere uno o più fondi in garanzia; gli interessi erano devoluti in favore di fanciulli o fanciulle povere della città. Sistemate le faccende interne, T., forte temperamento di soldato, ritenne necessario risolvere definitivamente alcune gravi questioni di confine, in primo luogo quella del Danubio, da tempo minacciato dal potente regno di Dacia, col suo re Decebalo. Negli anni 101-102 e 105-106 ebbero così luogo, sotto la sua personale direzione, le guerre daciche, al termine delle quali l'intera regione era ordinata a provincia romana.  Tra i problemi di politica interna, egli doveva affrontare quello dei cristiani, verso i quali fu intransigente, cercando però di rispettare i principî di giustizia del diritto romano, istruendo i giudici a non tener conto delle denunce anonime, a dar luogo a processi solo dietro precise accuse, senza ricercare preventivamente i cristiani e a condannare questi solo se ostinati; tali principî egli espose in una lettera a Plinio il Giovane, che aveva consultato l'imperatore riguardo al trattamento da riservare ai cristiani nella provincia di Bitinia e Ponto; e tale fu poi il sistema di persecuzione più o meno rimasto in uso fino ai tempi di Decio, che dette inizio alle persecuzioni vere e proprie. Altro grave problema era quello dei rapporti col regno dei Parti, e T. colse l'occasione del contrasto scoppiato a proposito della successione al regno di Armenia, per iniziare, più che sessantenne, la nuova guerra. Precedentemente, i legati di T. avevano mutato assai favorevolmente la situazione orientale, battendo i Nabatei (105), e costituendo la nuova provincia di Arabia. T. compì vittoriosamente grandi operazioni militari, annettendo l'Armenia, giungendo in Mesopotamia, e scendendo con la flotta il Tigri, fino a Babilonia e al Golfo Persico. Ma una violenta sollevazione dei Giudei, il riapparire di forze nemiche qua e là nelle regioni conquistate, la ribellione di città occupate, e altri improvvisi rovesci, lo costrinsero a rinunciare al disegno della conquista totale e a incoronare egli stesso un nuovo re dei Parti (presto sostituito con un altro, eletto dai Parti stessi). Ammalatosi in Siria, T. affidò l'esercito al parente P. Elio Adriano (il futuro imperatore), e si avviò per tornare a Roma, ma a Selinunte di Cilicia improvvisamente morì. La sua fama rimase perpetua nella tradizione romana come quella di ottimo principe, e nel basso Impero l'acclamazione dei Cesari suonava Felicior Augusto, melior Traiano.Monumenti di TraianoA Roma, sotto T. si costruirono, oltre a un nuovo teatro e a un odeon di incerta collocazione, oltre ai restauri del Circo Massimo e del tempio di Venere Genitrice, un nuovo acquedotto che dal Lago di Bracciano portava l'acqua nella XIV regione urbana (Trastevere), le grandiose terme di cui restano avanzi sul Colle Oppio e, più importante di tutti, il centro monumentale del Foro che da lui prese il nome (v. foro: Archeologia) con la colonna coclide istoriata, narrante le due guerre daciche, dedicata nel 113 d. C. Altri lavori pubblici compì in Italia e nelle province. Rimediò alle insufficienze del porto ostiense di Claudio scavando entro terra un vasto bacino esagonale comunicante col porto e col fiume; altri lavori portuali compì a Centumcellae (Civitavecchia), a Terracina e ad Ancona. Ad Ancona e a Benevento si conservano i suoi archi trionfali. Costruì e riparò strade in Italia e in tutte le province, a cominciare dall'Appia (v. Traiana, Via). Una sobria iscrizione (tabula Traiana) ricorda ancor oggi l'apertura (100 d. C.) della via parallela al Danubio a Ogradena (presso Orşova). In Africa fondò la colonia di Thamugadi, circondata di mura poderose, la cui porta occidentale, da cui usciva la via per Lambesi, era conformata a grande arco monumentale dedicato all'imperatore.Biblio.Enciclopedia Treccani